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Letture d'Estate

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Dal
23
giugno in poi

Poesia in jazz! Paolo Damiani, Gianluca Pavia, Lié Larousse

Il Jazz di Paolo Damiani, eclettico e mai domo sperimentatore, e le poesie di Gianluca Pavia, Spietate speranze, insieme a quelle di Lié Larousse, LiéMiraggi edizioni, incontrano il pubblico di Letture d’Estate per una sensazionale serata all’ombra di Castel Sant’Angelo.

In questa serata viene presentata l’iniziativa “LIBRO:CHE SPETTACOLO!“, si tratta di un’iniziativa dell’A.G.I.S che promuove la lettura e lo spettacolo dal vivo, quest’anno è alla sua dodicesima edizione, ed è dedicata alla memoria di Carlo Giuffrè; ideatore e direttore dell’associazione e del progetto culturale è Pier Paolo Pascali.

Le poesie dei giovani autori saranno accompagnate dalla sensazionale musica di Paolo Damiani. Compositore, direttore d’orchestra, contrabbassista e violoncellista, didatta, direttore artistico, architetto, nel 1981 si è laureato in composizione jazz e in contrabbasso classico, dopo aver studiato composizione e strumento con Bruno Tommaso, Giorgio Gaslini, Lucio Buccarella, Giorgio Pani, Fernando Grillo, Giuseppe Selmi, Frances Marie Uitti, Giancarlo Gazzani, Franco Sbacco. Nel 1976 si è laureato in Architettura presso l’università di Roma, discutendo la tesi Nuovi spazi per la Musica. Dal Novembre 2014 fa parte del Comitato Artistico della Casa del Jazz. Nel luglio 2006 è stato nominato membro del COMITATO NAZIONALE PER L’APPRENDIMENTO PRATICO DELLA MUSICA (D.M. 28 luglio 2006) creato dal MIUR. Il 2 giugno 2008 il Presidente della Repubblica gli ha conferito l’onorificenza di Cavaliere per meriti artistici.

Di cosa parlano?

Gianluca Pavia scandaglia poesia con parole dense come mosto, che sgorgano dalla follia d’animo e mani e cuore irrequieti. Osservatore di ogni espressione della terra, esploratore dell’invisibile, mente che focalizza le sfaccettature del mondo nel quotidiano cammino alla vetta più alta, senza temere lo scontro con l’Io e il Sé, impasta pensieri, ispirazioni, idee ed intenzioni in versi e prosa, come una pennellata ad olio, e una sferzata veloce d’acquerello, dipinge scrittura ma col tratto ostinato dell’inchiostro con cui annusa e graffia la carta. La sua bottega d’artista è la strada, il pontile nascosto tra sabbia e mare, il peggior bar della sua periferia, il letto continuamente disfatto, locali stracolmi di fantomatiche figure del caos, la pineta e l’erba fresca, il cielo notturno e quello accecante di mezzogiorno, lo scorcio d’etere che squarcia un meraviglioso paesaggio, ancora di più, vede oltre delineando pianeti ancora sconosciuti dando loro voce, e la possibilità di smaterializzarsi per rinascere nuovi astri.

Lié Larousse In questa raccolta lo stile originale dell’autrice è un bisturi che scivola lungo il tessuto del quotidiano, pronto a sezionare via vividi istanti raccontati dal brusio di un mercato affollato come dagli angoli più bui, della strada o dell’animo umano fa poca differenza. Una carrellata a velocità ed intensità alternate, che non disdegna alcuna sfaccettatura, mettendo a fuoco uomini e donne, sogni, ansie, fondi rotti e bicchieri vuoti; sempre a caccia di una bellezza invisibile quanto l’essenziale. Sono pagine semplici, perché Lié scrive come vive, come cogliere fiori in un campo minato. Allora le emozioni possono esplodere da un momento all’altro, nascoste nel cuore di una bambina astronauta o negli avanzi che mutano in frigo, disseminate tra le righe a braccetto con gli scheletri e le speranze che ognuno seppellisce in sé stringendo i denti per fingere che la vita sia quel che sia, illudendosi di poterci sopravvivere ancora. O forse è proprio questo romantico illudersi a darci la forza per dare un senso a questa vita ingarbugliata, che scivola via troppo velocemente senza curarsi delle cicatrici che lascia dietro di sé. Perché, come scrive l’autrice, la realtà è forse un inferno, ma l’inferno è un buon posto dove vivere e morire.